Secondo Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme,
“la cosa che colpisce di più, nell’indagine che abbiamo condotto, non è solo quella della dimensione della crisi, della riduzione del fatturato, dei tempi lunghi di pagamento e dell’insoluto, che disegnano un quadro che dovrebbe essere meglio valutato, per la sua criticità, dalla politica – le professioni, si può dire, se la devono sempre cavare da sole – ma è sopratutto la consapevolezza, da parte degli stessi architetti, che questa crisi vuol dire trasformazione. Inoltre, dalle risposte emerge come la conoscenza sia posta al centro della competizione di un mercato che va verso l’energy technology, il partenariato pubblico-privato, il facility magement, i nuovi materiali e le forme nuove del processo edilizio. In sostanza è la consapevolezza che la crisi penalizza chi sta fermo e non è in grado di evolvere il proprio modello di offerta attraverso un maggiore livello di sapere”.
In pratica è come se il Bellicini dicesse: sono stati schiacciati, ridotti in polvere, smembrati, annientati, distrutti, dissanguati, decapitati, fulminati, massacrati, demoliti, triturati, polverizzati, sparati, smaterializzati… eppure si muovono ancora. Forse gli architetti sono un po’ come Willy il Coyote, continuano a cadere nel canyon con tanto di nuvoletta finale e a rialzarsi senza sapere neanche perché. E c’è qualcuno che si stupisce pure.
Architetti, professione in crisi per il 40%, in crescita per il 25% in Edilportale su segnalazione di Petra Dura