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Allora, c’è questo ennesimo reality con 12 poracci messi in competizione per arrivare alla fine delle 6 puntate e vincere uno stage da Philippe Stark di 6 mesi.
Ovviamente, mancando di ciò che può rendere interessante un programma del genere in tv (SESSO/VIOLENZA, meglio ancora se SESSO+VIOLENZA), è avvincente quanto il filmino della mia prima comunione.
È già stato veramente, ma veramente, sfiancante vedere il primo episodio, non credo sia umanamente possibile seguire i restanti cinque a meno che non vi sia spinti da ingenuo fanatismo per Stark (immagino che nel catalogo universale delle perversioni ci sia un posto anche per quello) o da interessi accademici per tutti gli studi che derivano dall’esperimento della prigione di Stanford in giù (è chiaro a tutti, tranne ai gonzi, che ogni reality show non è altro che una versione semplificata, e provvista di stacchi pubblicitari, di quell’esperimento).
Perché vederlo:
per la pronuncia inglese di Stark (che dev’essere un vero spasso per il pubblico inglese notoriamente acido nei confronti di ogni francofono a partire dalla guerra dei cent’anni);
per la moglie di Stark, la donna-immagine dello studio a cui è demandato il fumoso ruolo di “addetto alla comunicazione”;
per i pantaloni di pelle da motociclista di Stark che lo fanno sembrare come Francis Llewellyn Poncherello dei Chips in versione Village People;
per far capire a vostro nipote, ancora indeciso se studiare design o chimica farmaceutica, quale sia la strada migliore da seguire.
Perché non vederlo: perché qualsiasi attività, dallo schiacciarsi i brufoli allo studiare il sanscrito, darebbe più senso all’esistenza.
la moglie di philippe starck??
e cccerto, la Jasmine, non la conosci?
ser is a gud desaina.
nunsepossentí.
io passo
Se fai cosí non diventerai mai un designèr tres chic