Da Brain Picking prendo questa lunga citazione tratta da un saggio del 1946 intitolato Why I Write in cui George Orwell spiega le ragioni che lo hanno spinto a scrivere.
Come altre volte, mi sembra che il verbo “scrivere” sia sostituibile con “progettare” stringendo una relazione tra spazio della carta e quello dell’architettura che risulta illuminante per entrambi gli universi.
Do tutte queste informazioni di base, perché non credo che si possano valutare le motivazioni di uno scrittore senza conoscere qualcosa del suo sviluppo iniziale. La sua materia sarà determinata dal momento storico in cui vive — almeno questo è vero in tempi tumultuosi e rivoluzionari come il nostro — ma prima che possa cominciare a scrivere avrà acquisito un atteggiamento emotivo da cui non potrà mai sfuggire completamente. È il suo lavoro, senza dubbio, a disciplinare il suo temperamento e a evitare di rimanere incastrato in una fase immatura, in un certo stato d’animo perverso; ma se fugge completamente dalle sue prime influenze, avrà ucciso il suo impulso a scrivere. Mettendo da parte la necessità di guadagnarsi da vivere, penso che ci siano quattro grandi motivi per scrivere, in ogni caso per scrivere in prosa. Esistono in gradi diversi in ogni scrittore, e in ogni scrittore le proporzioni variano di volta in volta, secondo l’atmosfera in cui vive. Esse sono
(I) Puro egoismo. Il desiderio di sembrare intelligente, di far parlare di sé, di essere ricordato dopo la morte, per ottenere la vostra rivincita su gli adulti che vi hanno snobbato durante l’infanzia, ecc, ecc. È ipocrisia far finta che questo non sia un movente, e uno importante. Gli scrittori condividono questa caratteristica con scienziati, artisti, politici, avvocati, militari, uomini d’affari di successo, in breve, con l’intera crosta superiore dell’umanità. La gran massa degli esseri umani non è profondamente egoista. Superati i trent’anni, abbandonano quasi il senso di essere individui – e vivono soprattutto per gli altri, o sono semplicemente soffocati dalla fatica. Ma c’è anche una minoranza di talento, persone ostinate e determinate a vivere la loro vita fino alla fine, e gli scrittori appartengono a questa classe. Gli scrittori seri, devo dire, sono nel complesso più vanitosi ed egocentrici dei giornalisti, sebbene meno interessati al denaro.
(II) Entusiasmo estetico. La percezione della bellezza nel mondo esterno o, al contrario, nelle parole e nella loro disposizione più consona. Il piacere dell’impatto di un suono su un altro, della fermezza della bella prosa o del ritmo di una buona storia. Desiderio di condividere un’esperienza che si sente preziosa e imperdibile. Il motivo estetico è molto debole in un sacco di scrittori, ma anche uno scrittore di pamphlet o di libri di testo avrà le sue parole da compagnia e frasi che risuonano in lui per motivi non utilitaristici; oppure può sentire con forza il fascino della tipografia, della larghezza dei margini, ecc. Superato il livello di una guida ferroviaria, nessun libro è abbastanza libero da considerazioni estetiche.
(III) Impulso storico. Desiderio di vedere le cose come sono, di scoprire fatti veri e conservarli per l’uso dei posteri.
(IV) Finalità politica. Utilizzo la parola ‘politica’ nel senso più ampio possibile. Il desiderio di spingere il mondo in una certa direzione, di modificare l’idea che altra gente ha del tipo di società cui aspirare. Ancora una volta, nessun libro è realmente libero da pregiudizi politici. Il parere che l’arte non dovrebbe avere nulla a che fare con la politica è di per sé un atteggiamento politico.
Si può notare come questi vari impulsi siano in contrasto uno contro l’altro, e come devono variare da persona a persona e da momento in momento. […]
Guardando indietro attraverso l’ultima pagina o due, vedo che ho fatto apparire come se le mie motivazioni sulla scrittura fossero interamente dotate di senso civico. Non voglio lasciare che questa sia l’impressione finale. Tutti gli scrittori sono vanitosi, egoisti e pigri, e nel fondo stesso delle loro motivazioni si trova un mistero. Scrivere un libro è un’orribile, estenuante lotta, come una lunga battaglia contro una qualche dolorosa malattia. Non si dovrebbe mai intraprendere una cosa del genere se non si è guidati da un qualche demone a cui non si può né resistere e che non si può nemmeno capire. Perché tutti sanno che il demone è semplicemente lo stesso istinto che spinge un bambino a urlare per cercare attenzione. E tuttavia è anche vero che non si può scrivere nulla di leggibile se non ci si sforza costantemente di cancellare la propria personalità. La buona prosa è come il vetro di una finestra. Non posso dire con certezza quale delle mie motivazioni siano le più forti, ma so quali di esse meritano di essere seguite. E guardando indietro attraverso il mio lavoro, scopro invariabilmente che quando mi mancava uno scopo politico ho scritto libri senza vita e il mio lavoro è stato tradito da passaggi troppo ellaborati, frasi senza senso, aggettivi decorativi e falsità in generale.
o come l’anta di una porta.. ahahhah questo video ci spiega qualcosa in più a riguardo ;) http://www.youtube.com/user/ErmetikaSrl