Colgo al balzo la palla rilanciata da Salvatore nel commento al post precedente.
Una delle cose che più mi intriga (ed è forse questo il motivo per cui questo blog esiste) è il parallelismo tra la pratica della scrittura e quella della progettazione. Tralasciando tutte la pippologia applicata che è stata elaborata sull’idea di architettura = linguaggio (con tutto il rispetto parlando), quello che più mi interessa è la pratica dell’invenzione, la mente che in un caso immagina e descrive con testi, nell’altro immagina e descrive col disegno.
Per questo apprezzo queste indicazioni che Salvatore ha condiviso con noi, solo che qui, per vedere se il gioco funziona, le riporto in modo modificato.
“Come progettare”.
• Meglio disegni, più farai carriera in xxx. Chi pensa bene disegna bene.
• Chi non ha le idee chiare, fa disegni confusi, piante confuse, rendering confusi.
• Disegnare bene non è un dono di natura. Dovete imparare a disegnare bene.
Ecco dieci suggerimenti:
1. Leggi il libro xxx di xxx (e qui mi dovreste aiutare dicendomi qual è per voi il testo fondamentale per l’architetto). Leggilo tre volte.
2. Disegna come parli. In modo naturale.
3. Disegna stanze, ambienti brevi, spazi brevi.
4. Non usare forme gergali come ipersuperfici, topologiche, resilienza, sostenibilità. Sono tutti segni distintivi degli asini arroganti.
5. Non disegnare mai più di due tavole. Qualunque sia l’argomento.
6. Controlla i riferimenti.
7. Non inviare mai un disegno o uno schizzo lo stesso giorno in cui li fai. Riguardali per bene la mattina dopo, e correggi.
8. Se si tratta di qualcosa di importante, fatti aiutare da un collega.
9. Prima di inviare un disegno, assicurati che la tua richiesta sia più che chiara.
10. Se vuoi AZIONE, non disegnare. Vai e chiedi quello che vuoi.
[L’immagine in alto si riferisce a David Ogilvy, un tipo che mi ricorda molto un personaggio alla Mad Man.]
il punto 5 con riserva: e se in un concorso te ne richiedono tre, di tavole?
Forse intendeva 1 ogni argomento. per non essere noiosi penso intendeva..
penso che tu abbia ragione, forse allora potremmo dire “affronta un tema progettuale per volta”?
il punto 7 è funzione del tempo, che non è mai abbastanza
NO!
“meglio disegni più farai carriera” vale per gli architetti, non per i disegnatori (e parlo per esperienza personale)
non vale anche per i disegnatori? cosa non funziona nel duro mondo delle polilinee?
boh, la carriera non mi risulta, e dire che tiro linee da quasi 19 anni (chissà dove vanno a finire, poi :)
all the lonely lines
where do they all come from,
all the lonely lines
where do they all belong
(per parafrasare i beatles)
all the lonely p-lines
(secondo me, sillabicamente ci sta meglio)
decisamente meglio, sei il mogol delle plines
:-)
per il resto ci medito un po’ su e poi mi rifaccio vivo, questo è un post che mi riguarda molto da vicino
il libro del punto 1 è sicuramente di Zevi, ma sono indeciso tra: “Saper vedere l’ architettura” (1948)
e “Saper vedere l’ architettura” (1948).
Poi tra i punti fondamentali io inserirei anche un: rassegnati all’ idea che arriverà un momento in cui deciderai se continuare a mettere in discussione le idee o iniziare a svilupparne una, ma comunque in futuro ti faranno schifo. Se questo non accadrà preoccupati.
in alternativa ti proporrei anche “Saper vedere l’ architettura” (1948)
direi che funziona molto bene, soprattutto il far “maturare” i disegni sul tavolo almeno una notte e non usare i termini da asino arrogante… (un’altra volta che sento da stamattina il termine sostenibilità mi metto ad urlare…). Il libro, per me, merita un ex-equo tra “se una notte d’inverno un viaggiatore” di Calvino e “l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” di Walter Benjamin. Il primo mi ha insegnato che le buone “composizioni” alla fine, quando le hai scoperte, ti commuovono. Il secondo mi ha insegnato che molto di ciò che viene spacciato per innovativo è stato ampiamente studiato decenni prima…
ripensandoci, “sostenibilità” in sè non è arrogante, è come lo si usa.
Ultimamente ho riletto Se una notte.. e, devo ammettere, non mi ha fatto lo stesso effetto della prima volta…
Per cui quoto Benjamin.
si in effetti quel libro di Calvino va letto una volta sola… del resto la meraviglia che suscita la prima difficilmente la suscita la seconda lettura…
sul punto 9.credo che il focus sia non tanto se è chiara la richiesta, ma se è chiara la PROPOSTA PROGETTUALE…
la scelta del libro è catartica, forse ognuno ha il suo!
seguo l’idea di m.arch.antonio, rifletto e ve lo dico.
per il resto lo trovo un decalogo niente male, quasi quasi me lo appendo in ufficio!
hai ragione, dovevo cambiare “richiesta” con “proposta progettuale”, è più attinente.
allora, rispetto a “come progettare”:
punto primo non vero, infatti molti disegnano bene e non fanno un cacchio di carriera (compreso sant’elia, se posso scomodarlo)
punto secondo, chi non ha le idee chiare ecc, spesso sa come fare carriera, perchè ha altre doti.
punto terzo, tutti sappiamo disegnare, poi qualcuno sviluppa meglio, altri dimenticano, altri restano nel limbo. mia opinione.
rispetto ai suggerimenti:
1) il nonno dice che non serve UN libro e nel caso servono immagini, non testi.
2) boh.
3) boh.
4) se vuoi far carriera, usa i termini insopportabili. sono come un farmaco, bisogna saperli dosare e utilizzare al bisogno contro gli agenti infettivi (ne conoscete tutti, no?)
5) boh. almeno si risparmia tempo e vista.
6) la cosa che mi piace di più… insomma, copiare, copiare, copiare (dice il nonno) :-)
7) ovvio! ma solo per non far capire al cliente che ci hai messo un attimo a fare il suo progetto… no dai scherzo… insomma… va beh fate voi.
8) il nonno non è d’accordo. io non faccio testo perchè senza la dolce metà non lavoro.
9) quello è ovvio (dice il nonno) però servirebbe un rivelatore universale di chiarezza. ognuno comunque interpreta a modo suo…
10)… tipo se non ti pagano la fattura? in quel senso?
in effetti se non sai disegnare puoi dire che è il tuo stilea
io, per esempio, ho il mio stile nella scrittura
ah dimenticavo comunque il mio libro preferito, forse.
Specie di spazi, di Perec.
ciao
scusa, ma chedi al nonno quali sono le sue regole, sono sicuro che ci aiuta.
l’ho fatto insieme a lui, e i suoi eventuali commenti li ho espressi, per il resto è rimasto sulle sue alzando gli occhi al cielo ( e secondo me pensava: o tempora o mores…)
o vuoi delle regole sue in generale?
mi piacerebbe che lui esprimesse le regole imparate con l’esperienza, sarebbe bello.
orpo, forse mi son preso troppo tempo, per pensarci su, scusatemi