Leggo tra le pagine di Zen di Alan Watts che “lo Zen è assai vicino a ciò che Korzybski ha chiamato “l’ineffabile” livello della realtà: il non verbale, non-simbolico, assolutamente indefinibile mondo del concreto, contrapposto all’astratto. Tutte le cose infatti, siano oggetti o processi, sono astratte dall’esperienza mediante il pensare, isolate dal nome loro imposto.”
A parte la scoperta di Alfred Korzybski, la cui General Semantics pare abbia avuto profonde influenze su Buckminster Fuller e un’altra vagonata di studiosi e, pertanto, meriterebbe uno studio più approfondito, mi piacerebbe immaginare un percorso che porti a rivalutare il lato “ineffabile” dell’architettura.
AST,
sull’“l’ineffabile livello della realtà” ti consiglio la lettura di un piccolo libricino il ‘Il realismo è l’impossibile’ di Walter Siti. Poco zen ‘ovvero l’arte della redenzione impossibile’ e molta ‘sporcizia’ ovvero l’arte di vivere senza i surrogati dei ‘luoghi comuni’.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
non ho mai letto niente di Walter Siti. Ne sento parlare da più parti, ora che me lo citi anche tu devo provvedere.
è che sto cercando un modo per riavvicinarmi all’architettura (o forse a quella parte di realtà che pensavo di aver più studiato) e trovare di nuovo interesse in essa.
E forse sono un po’ stanco di tutte le chiacchiere futili e devianti che ci girano intorno.