Il regalo più interessante

    Mi sono riletto con attenzione questa intervista ad Ai Weiwei riportata da Salvatore su Wilfing Architettura appuntandomi alcuni passi. Delle parole di Ai Weiwei mi hanno colpito in particolare queste:

    “attenzione costante ad alcuni temi specifici, a cui io sono particolarmente interessato. Sono temi legati in prevalenza alla questione della libertà di espressione per gli artisti, e alle modalità di espressione dei diritti personali. In una società come quella cinese, qualunque discorso che tocchi i diritti e la libertà di espressione diventa politico, è inevitabile. Quindi, ovviamente, io stesso sono diventato una figura politica.” Il motore della scrittura del blog è l’interesse per argomenti o temi che stanno a cuore all’autore.

    È un’affermazione quasi scontata visto che generalmente un blogger non viene pagato per scrivere e pertanto trova un primo e personale appagamento nel trattare temi che ama. Nel caso di Ai Weiwei, il fatto di essere una persona nota lo rende interessante da seguire. Aggiungerei “nota” anche per non essere allineata ai dettami dello stato cinese. È questa contrapposizione tra censura e controllo da una parte e libertà di espressione e pensiero dall’altra, tra cieco apparato ideologico e il singolo ribelle, che rende avvincente seguire ogni post. Dico “avvincente” perchè in questa sovraesposizione mediatica mi sembra di scorgere il rischio di una spettacolarizzazione, e conseguente svuotamento, delle vicende descritte. Riprendendo, poi, le considerazioni di Hassan quando dice

    “scrivere significa diventare urbanisti di se stessi. Violentare i vincoli esterni per porre ordine nei conflitti che si manifestano fra le mille identità che ci dividono all’interno. Permane, al fondo del buco, un problema di socializzazione. La televisione ha brutalizzato la nostra capacità di raccontare. Si ricomincia dall’io.”

    Mi pare che l'”io” in questione non sia quello tardo-capitalista e narcisista che è stato pompato fino a diventare ipertrofico e compulsivo consumatore ma “io osservatore”, lente di ingrandimento e molteplice punto di vista di una realtà che ha perso i suoi narratori fidati. Il rischio è l’isolamento nel proprio unico e solitario punto di vista senza che evolva in coscienza diffusa e cambiamento sociale.

    “Il blog per me è come il disegno. […] Il blog è il disegno di oggi. Qualsiasi cosa io dica o scriva sul blog può essere considerata parte del mio lavoro. Fornisce la maggior quantità possibile di informazioni: mostra interamente il mio ambiente.”

    Il blog come opera aperta, come work in progress, come materia in fieri per comunicare e scambiare idee, per informare i collaboratori, per raccogliere materiali e far maturare le idee. E soprattutto, come opera d’arte in sè, fusione di narrazione e vita, aspirazioni e progetti.

    “l’obiettivo del blog era l’esperienza stessa, senza bisogno di uno scopo particolare. Ora che abbiamo questa tecnologia la si può usare direttamente, anche, fino a un certo punto, senza pensarci troppo, senza doverne necessariamente estrarre un significato.”

    Il blog appare come una palestra in cui sperimentare liberamente, un luogo di azione prima che di riflessione. Come una serie di schizzi tracciati velocemente su di un foglio di carta che non hanno importanza o valore artistico in sè ma che aprono infinite e impreviste strade.

    “È stato in assoluto il regalo più interessante che abbia mai ricevuto; per me, ma forse addirittura per la Cina, perché viviamo in una società che non solo non incoraggia l’espressione delle proprie idee, ma spesso la punisce, come è successo a due generazioni di scrittori. La gente ha paura a mettere qualsiasi cosa per iscritto; qualsiasi parola scritta può venire utilizzata come prova di colpevolezza.”

    In quest’ultime parole si nasconde il peso di un’operazione tutt’altro che leggera e spensierata. Si cela il senso di una scrittura che può trasformarsi in una condanna a morte.”


    9 thoughts on “Il regalo più interessante

    1. Rem saltando la semplificazione dei media (poiché attratti più dal colore delle sue perfomance) ciò che ha scritto Ai Weiwei nel suo blog, soprattutto dal punto di vista architettonico e urbano, è interessante e condensa ciò che dici nel tuo monito finale: «Si cela il senso di una scrittura che può trasformarsi in una condanna a morte».

      Ad esempio una madre di una delle bambine uccise sotto le macerie delle scuole di ‘Tofu’ il 20 marzo spedisce questa mail ad Ai Weiwei:

      «Oggi abbiamo avuto un incontro, hanno parlato del mantenimento della stabilità (ndr politica ma soprattutto d’immagine per via delle imminenti olimpiadi). Dicono che ci sono più di quindicimila bambini deceduti. Dicono che stabilizzare le nostre famiglie stabilizzerà il Beichuan. Ma io voglio soltanto che più persone sappiano della mia amata figlia […] che una volta visse felicemente in questo mondo per sette anni.»

      Ai Weiwei rispose nel suo post così:

      «Ho qualche difficoltà a omettere il nome di questa “amata figlia”, per deferenza verso la “stabilità che l’amministrazione del Beichuan desidera fortemente. Ma solo in questo modo si può risparmiare a sua mamma di essere “stabilizzata” per prima.»

      e nella Haus der Kunst di Monaco invece in questo modo: in questo modo nella facciata del museo vi era un’iscrizione composta da zainetti con colori vivaci che diceva:

      «visse felicemente in questo mondo per sette anni»

      Scritto in cinese non in un internazionale inglese.

      Nel maggio dello stesso anno, Ai Weiwei, fu arrestato e il blog oscurato.

      Saluti,
      Salvatore D’Agostino

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