Nel 1902 Jack London si trasferisce a Londra con lo scopo di studiare e descrivere la vita del sottoproletariato londinese, i poveri reietti del sistema industriale che trovano posto solo negli “abissi” dell’East End.
Per compiere questo lavoro si traveste da marinaio americano rimasto senza ingaggio, affitta una camera ammobiliata e inizia a vagare per le strade. Il suo è un racconto e una critica sociale lucida. Il popolo non è descritto in maniera astratta ma acquista il volto di ex carpentieri, carrettieri, bambini e operaie alle prese con una vita durissima.
Questo brano che riporto è illuminante perché parla della precarietà lavorativa e di come questa condizioni la vita delle famiglie. Illuminante leggerlo oggi che siamo alle prese con una condizione del lavoro che riproduce quella di cent’anni fa, spostando l’asta ancora più in basso a comprendere non solo gli operai ma anche professionisti (il popolo delle partite IVA di cui fanno parte gli architetti)
L’operaio e l’operaia giovani, o la coppia di fresca data, non hanno sicurezza alcuna di poter guardare a una maturità sana e serena e tanto meno a una vecchiaia tranquilla. Per quanto lavorino e si diano da fare, non riusciranno mai a rendere sicuro il proprio avvenire. È tutta una questione di coincidenze, di casi fortuiti. Tutto dipende dal fatto che capiti o meno “la cosa”, quell’accidente su cui essi non hanno alcun potere alcuno. A nulla servono le precauzioni, non c’è stratagemma che tenga. Se rimangono sul campo di battaglia industriale devono fare buon viso a cattiva sorte e prepararsi ad affrontare avversità tremende. Certo, se sono di fisico robusto, di sana costituzione, e se non hanno legami e doveri familiari, possono abbandonare il campo di battaglia industriale, e in tal caso la soluzione migliore per l’uomo è di arruolarsi nell’esercito, mentre alla donna conviene farsi diventare infermiera presso la Croce Rossa, oppure farsi suora. In entrambi i casi, però, debbono rinunciare a farsi una famiglia e mettere al mondo dei figli; debbono tirare una croce su tutto ciò che rende la vita degna d’esser vissuta, e la vecchiaia un qualcosa che non sia soltanto un incubo.
Jack London, Il popolo dell’abisso, Mondadori, Milano 1987, pp. 224-5.
Il testo originale THE PEOPLE OF THE ABYSS è interamente leggibile sul sito The Jack London Online Collection ed è corredato da fotografie dell’epoca.