Cartoline da Venezia#1

    Uomo che venera il dio dell’architettura

    Volevo raccontarvi della visita che abbiamo fatto alla Biennale di Architettura di Venezia, però mi sembrava scontato mettere le fotografie. Allora eccovi i miei pessimi schizzi, ovviamente fatti con calma a casa, ma che rappresentano un modo per ragionare su e ricordare le cose viste.

    Partiamo dall’inizio del percorso che invece di iniziare dai Giardini, questa volta è iniziato dal culo, dal fondo delle corderie dove si trova il Padiglione italiano. È un po’ crudele arrivare al padiglione dopo che ti sei fatto tutta la biennale e oltre l’attenzione ti è passata tutta la voglia e l’energia, roba che ti fa rimpiangere di essere andato per l’ennesima volta a Venezia soltanto a procurarti calli ai piedi e alle mani per le brochure, foglietti, locandine e cartoline che accumuli e trascini con te durante il percorso.

    Questa volta, invece, abbiamo deciso di arrivare freschi e pimpanti all’incontro col meglio dell’architettura italiana.

    Volete saper se mi è piaciuto il padiglione?

    Non molto. Ma non perchè sia fatto male, anzi l’allestimento mi è sembrato anche interessante con l’uso e abuso di piani traforati. Con tutti quei buchi mi sembrava un laboratorio del meccanoo, se vogliamo, un grande foglio a quandretti. Quello che non mi ha convinto è la quantità di cose presentate. C’è tutto e di più, piccolo, grande, conosciuto, sconosciuto, realizzato, irrealizzato, sud, nord… tanto, troppo, e le parole chiave che aleggiavano sulle teste come fermate della metropolitana non aiutavano certo a fare chiarezza. Mi è sembrata una mostra old style, molto democristiana, dove anche se piccolo, un posticino all’amico dell’amico del conoscente del fratello del cognato non si nega proprio. Del resto, lo capisco pure il molinari, spinto e strattonato a destra e sinistra (io avrei perso 50 kg solo per la colite da stress), avrà subito pressioni di tutti i tipi e per far contenti tutti alla fine fa scontento proprio il pubblico della biennale che al termine di questa insalatona ne esce che dello stato dell’architettura italiana ne sa meno di prima, cioè capisce che c’è ma non capisce cos’è.

    La scelta curatoriale alla fine mi è sembrata una “non-scelta” (mi è piaciuto il modo in cui Gallanti ha definito questo eccesso di paratassi con e/e/e/e/e/), che in quanto tale sazia ma non nutre le intelligenze. Mi sembra un po’ come i pranzi di matrimonio: non puoi non invitare quello e quell’altro (che sennò s’incazza e poi ti fa il broncio e non ti saluta o poi non ricambia ecc. ecc) e alla fine cerchi di quadrare il cerchio mettendo la zia lì, la cugina là, aggiungendo e spostando i diversi tavoli. In più, e qui chiudo la metafora del pranzo di nozze, alla fine i parenti non li puoi scegliere mica tu, ti sono capitati e te li fai piacere in un modo e nell’altro.

    Altra questione è la tripartizione in passato, presente, futuro. Anche in questo mi sa tanto di democristiano, capisco che sia facile da comprendere però come categorie ermeneutiche mi sembrano un po’ superate. In questo marasma più che la sintesi mi sentirei di fare un bel salto a occhi chiusi: non sai dove atterri e cosa trovi dopo ma almeno è più divertente.

    Il passato era questa strana giostra o torta nunziale (> Gallanti) che mi è sembrata gradevole e niente più, mentre la parte del futuro non l’ho capita per niente proprio. Cioè, un po’ l’ho capita perchè mi sono letto Wired arrivando in treno a Venezia, ma lì sul posto non era così chiaro. Sì, fare su e giù dalle scale all’inizio è un bell’esercizio, ma poi, ti stanchi, tanto più che il nesso tra previsione del futuro (alcune veramente banali) e sua resa plastica nella maggior parte dei casi resta proprio un mistero.


    39 thoughts on “Cartoline da Venezia#1

    1. Rem,
      la critica di Fabrizio Gallanti coincide con la domanda posta da Stefano Mirti a Luca Molinari (perdona l’autocitazione) qui —> http://wilfingarchitettura.blogspot.com/2010/08/0040-speculazione-dialogo-ailati-con.html
      In qualche modo, ha già una sua risposta.

      Invece, trovo molto più interessante (perfettamente in sintonia con ciò che penso a parte qualche rilievo storico) l’opinione di Fabrizio Gallanti al recente convegno (benedetti svizzeri) romano (15 e 16 ottobre) sulla recente cultura architettonica in Italia.
      Qui un sunto: http://www.domusweb.it/architecture/article.cfm?id=278740

      Che ne pensi?
      Saluti
      Salvatore D’Agostino

    2. caro salvatore,
      non ho mica capito il perchè di tutte quelle domande fatte senza aver visto la mostra… o le fai prima, e diventano materiale per elaborare le scelte in maniera trasparente, oppure le fai dopo e diventa un modo per ragionare insieme a partire da qualcosa di concreto. Che poi anche quella di molinari alla “provocazione” di mirti alla fine è una risposta molto diplomatica, come la mostra d’altronde. (Inoltre io non seguo il calcio e dei riferimenti mirtiani ho capito veramente il nulla).
      Per il resto ho letto la sintesi su domus ma devo dire che l’argomento discusso (l’inconsistenza dell’architettura italiana contemporanea nell’ambito della cultura mondiale) esula un bel po’ dal mio particolarissimo e ristretto ambito esistenziale che si concentra più che altro sul volgare tentativo di campare con dignità, e quando parlo di dignità intendo non solo quella economica ma anche morale.
      Sinceramente mi interessa capire come fanno gli altri a sopravvivere, quali tecniche o strategie di vita e lavorative adottano per sbarcare il lunario. Sono molto più affascinato da quegli architetti che progettano ambienti per pratiche sadomaso perchè in loro vedo un modo creativo per mettere sul mercato le proprie competenze, piuttosto che ripercorrere gli scritti di tafuri o, all’opposto, svendersi agli immobiliaristi e alla speculazione.
      Il 68, berlusconi, la crisi delle ideologie, le roccaforti gregottiane e tutto il resto sono vere e interessanti ma non rispondono alla domanda: e ora che facciamo?

    3. REM,
      l’intervista collettiva pre biennale riformulava le 14 visioni dei ‘visionari’ dal basso. Niente di più.

      Tu dici: E ora che facciamo?

      Personalmente penso che bisognerebbe smettere di essere degli adolescenti.
      In Italia non si capisce mai chi ha la responsabilità su qualsiasi cosa.
      Giornalmente espiamo il nostro disagio vomitando parole ‘contro’ un ipotetico ‘nemico’.
      Siamo malati di ‘luce riflessa’: io sono perfetto gli altri no.
      Io non credo in chi dice: io ogni mattina cerco di fare il mio dovere.
      Poiché manca di spirito ‘collettivo’.
      Non dice: ora che cosa facciamo insieme.
      Si sveglia e ripete il mantra: oggi tento di ‘sbarcare il lunario’. Io, senza guardarmi intorno.

      Dobbiamo imparare (come nazione) ad essere adulti, cercare di capire come crescere insieme rispettando le nostre diversità (un valore, non una disgrazia).
      Siamo un popolo di persone che vivono ‘isolate’.
      Una nazione che in rete (come dice Perniola) sa solo essere ‘un incazzato in pigiama’.

      Allora che cosa facciamo?
      Iniziamo a rispettare i nostri interlocutori.
      La tua qualità dipende dalla qualità ‘generale’ del settore.
      Più quella ‘alta’ è scadente più chi lavora dal basso (come noi) ne risente (perdona la semplificazione).
      Cominciamo ad essere ‘padri di noi stessi’ e non incazzati cronici adolescenti.

      Essere ‘padre di noi stessi’ significa aver generato figli con cui condividere spazi in comune e attività sociali (nuovamente perdona la freddezza).

      A proposito degli architetti ‘sadomaso’, non vorrei essere equivocato.
      Io rispetto profondamente il loro lavoro.
      Anzi, legalizzerei questo settore che la politica ipocrita del nostro paese condanna.
      Secondo quell’ottimistico (a mio avviso un po’ drogato) mensile ‘Wired’.
      L’economia totale del porno-dollaro fattura (si fa per dire) 97 miliardi di dollari all’anno più di quanto incassano le società microsoft+google+amazon+yahoo+apple+netflux messi insieme.

      Ciò che non mi convince del loro lavoro è il triste (miserrimo) immaginario delle ambientazioni. Niente di più.

      Saluti,
      Salvatore D’Agostino

      P.S.: Comunque, ieri era San Martino.

      1. salvatore, ok.
        ma puoi spiegare con parole pratiche che cosa intendi per “condividere spazi in comune e attività sociali” che mi pare sia ciò che credi essere la risposta all’interrogativo di rem?
        non stiamo già in qualche modo condividendo un’attività sociale? e spazi comuni?
        non credo che la risposta sia così semplice… e per togliere un attimo lo sguardo dall’ombelico, temo travalichi i confini dell’architettura.
        d’accordo che dici dobbiamo smettere di criticare e agire. ma un conto è dirlo un conto è farlo. io sono sempre disposta a iniziative.
        resto in ascolto.

        ele

    4. caro salvatore,
      non avevo proprio capito che le 14 domande fossero il controcanto di quelle di wired, sembravano 14 domande rivolte a molinari in quanto curatore e non 14 visioni di un possibile futuro. Certo, implicitamente, ogni domanda porta co sè una visione ma sembrava tutto guardare alla mostra e non all’esterno. Scusa ma non avevo capito l’intento.
      Poi, sono d’accordo che dobbiamo crescere e assumerci le nostre responsabilità di “padri di noi stessi”, ma nel tuo discorso non capisco come recuperare una dimensione sociale che non vedo più all’orizzonte.
      è vero che la nostra società e frantumata e atomizzata nel tutti contro tutti ma questo è la situazione da cui partire. Mi sembra che un modo possa essere aggregando interessi particolari intorno a problemi anche minimi ma che facciano riscoprire la forza della coesione che non nasce da ideologie o principi etici ma dalla brutale esigenza di risolvere dei problemi concreti. Per questo guardo con interesse a tutte le varie forme di aggregazione come i GAS, i comitati di quartiere, ma anche le crew dei writers.
      Poi, per quanto riguarda i nostri amati architetti estremi, io li avevo presi come esempio a portata di mano, ma non mi concentrerei sul loro esempio, volevo solo dire che bisogna guardare con disincanto e curiosità tutto ciò che sta intorno per poter cogliere le occasioni e magari crearne di nuove.
      ps. ieri era san martino e a pescara era una bella giornata. Oggi l’aria è calda e luminosa come fosse un anticipo di primavera.

    5. Ele e Rem,
      ovvio, non ho risposte da darvi.
      Poiché, vivendo in questo dopo guerra cementizio, chiamato inizialmente ‘boom edilizio’ e spesso confuso per modernità.
      Cammino nelle stesse vostre macerie.
      So solo che dobbiamo inventarci (non avendo padri affidabili) tutto daccapo.
      Come?
      Personalmente me ne frego di dar credito ai fenomeni.
      Cercando come dice Rem (per questo guardo con interesse a tutte le varie forme di aggregazione come i GAS, i comitati di quartiere, ma anche le crew dei writers) d’iniziare un nuovo dialogo fuori dai media ‘generalisti’.
      Uso il blog per dar credito al B-SIDE dell’Italia.
      C’è molta bella gente in giro.
      Diamogli spazio.
      Ecco! Iniziamo dal FAME e perché no, dal NO!DESIGN.
      Usiamo questi nostri spazi per sorridere (apprezzo molto la vostra ironia) e per ripristinare la dignità del nostro lavoro.
      Eliminando l‘idea di fare in questo modo la rivoluzione, ma semplicemente: iniziare a fare delle cose sensate per tutti.
      Saluti,
      Salvatore D’Agostino

        1. Ele,
          22 anni che leggo quelle liste della spesa politica.
          Io immagino qualcosa di più concreto un po’ trasversale: Don Milani (operava concretamente con i ragazzi), Peppino Impastato ( sapeva usare la radio come strumento d’informazione), Danilo Dolci (e le sue battaglie per e con i contadini del sud), Giulio Cavalli (il primo attore milanese sottoscorta poiché ha denunciato la mafia del nord), Emma Dante (la regista palermitana odiata nel suo paese dove anima un laboratorio teatrale tra i più importanti in Europa) e Antonio Presti (artista che porta l’arte nel quartiere ‘Librino’ di Catania, ricordate i report dell’anno scorso).
          Ecco!
          Io parlo di queste cose.
          Personalmente attraverso il Web (nel caso specifico dell’architettura) sto cercando di fare qualcosa ma ci vuole tempo.
          Buona serata,
          Salvatore D’Agostino

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