Al salone 2011

    Visita-lampo al Salone del mobile di Milano, che poi, forse è il modo migliore per vedere un po’ di roba senza stancarsi troppo e godersi un paio di giornate belle e solari. Una tale primavera che è stata una gioia passeggiare tra le strade di una Milano in festa.

    Vi dico subito qual è stato il programma: venerdì pomeriggio visita al salone e, siccome avevamo solo un paio d’ore, abbiamo visto solo il satellite. Sabato, tutto il giorno a zonzo per Milano, senza una meta precisa ma solo qualche suggerimento captato qua e là o amici da raggiungere nelle varie sedi del fuorisalone.

    Al satellite siamo rimasti colpiti per la serietà delle proposte: mobili pronti per andare in produzione, pochissime le idee stravaganti e provocatorie, protagonista assoluto il legno, soprattutto chiaro, in abbinamento con acciaio, tessuti, vetro, plastica e chi più ne ha ne metta. Poche cose ci hanno incuriosito veramente:

    • Play it again di Markannen e Pipoli, tavolo e comodini bianchi con interni colorati pensati per diventare casse per ipod (ci sono rimaste impresse soprattutto le calze gialle della espositrice)
    • le sedute origami di Koji Sekita (sulle quale mi sono seduto con non poche perplessità per scoprire che sono più resistenti di quello che sembrassero)
    • il Recycled Foam Couch di Stephan Schulz
    • le lampade di Kirsti Taiviola che proiettano sulla parete strani riflessi generati dalla forma stessa del vetro
    • i cuscini di fantozzi antropomorfi di Yenn design
    • la solarball di Jonathan Liow, un prototipo di potabilizzatore a raggi solari che, pare, sia in grado di uccidere l’80% dei batteri (e il restante 20%? tutti anticorpi…)
    • il geniale MegaPhone di En&Is Design (Enrico Bosa e Isabella Lovero), una specie di corno amplificatore che ibrida l’ipod con il vecchio grammofono
    • il wooden textile di Elisa Strozyk, una superficie poligonale in legno e tessuto molto piacevole al tatto e alla vista (belli anche gli altri oggetti come le lampade e il mobiletto a soffietto)
    • la lampada da tavolo Campsis di Kai Linke, una specie di oggetto fetish rivestito di pelle e orientabile alla bisogna e il Blasted Desk, un blocco di legno grezzo che sembra tatuato
    • l’orologio che fa la calzetta di Siren Elise Wilhelmsen

    Tuttavia, il pezzo più bello del salone satellite, a mio insindacabile giudizio, è la V-chair di Jacobo Munoz (dove V non sta per Vendetta). Un pezzo che non può mancare in nessuna casa per comodità ed eleganza. Tra l’altro, abbiamo assistito in diretta a una eiezione violenta dalla suddetta v-chair da parte di una visitatrice un po’ troppo irruenta la quale, appena si è seduta, si è accappottata a 360° descrivendo una rondata involontaria con tuzzo finale della capoccia contro il pannello dello stand. Dopo aver visto di cosa è capace la v-chair ho deciso immediatamente di ordinarne 6 esemplari per il salotto di casa.

    Sabato la giornata è stata all’insegna delle passeggiate. Visto che non sono un designer, nè un produttore, nè un giornalista di settore, nè un compratore nè un venditore (tutte categorie per le quali il salone del mobile è LAVORO) per me è stato tutto un piacevole gironzolare per strade, negozi, stand, attirato dalla gente che entrava e usciva o dalle bandierine rosse che adornavano ogni strada del centro. La giornata è iniziata alla Fabbrica del vapore (non ricordo niente, solo che stavano già smontando le installazioni di Design for Recession), è proseguita allo stadio della pelota dove luci soffuse velavano la casetta in cartone di Shigeru Ban per Hermes (dove c’erano due pezzi di Enzo Mari, ma Mari non era un comunistissimo, com’è che ora progetta tavoli extra lusso per questo marchio per sceicchi e riccastre imborsettate del jet set?). Pranzo rinforzato in bar sfigato e poi capatina all’appartamento Lago  (dove la cosa che ci ha colpito di più sono state i portavasi, e ho detto tutto) e poi diritti a Lambrate dove ci aspettavano Alvar e Ele.

    Qui, grande casino con esposizioni sparse ovunque, anche per terra, dove la Seletti ha improvvisato una vendita abusiva con tanto di extracomunitari griffati, e tripudio di scuole internazionali.

    Tra le cose che ci sono piaciute di più, ma non ricordo progettisti e scuole chè ce n’erano davvero tante:

    • taglierina a raggi solari
    • mobili torniti in fogli di giornali (Vij5 & Mieke Meijer)
    • tende in cui sedersi
    • vasi pixellosi
    • scafandri da avatar da scaricare e indossarre
    • aquiloni per ventole di computer
    • forni scalda sederi
    • tinozze per bolliti olandesi (Weltevree)
    • panchine trasportabili (Weltevree)

    Dopo Lambrate visita obbligatoria da Rossana Orlandi dove la cosa più divertente, oltre che tirare a chiacchierare sotto il pergolato fino ad essere cacciati fuori all’ora di chiusura, è stato vedere la Rossana che con un bicchiere di bianco in mano, indicava col mignolo degli scarabei di ceramica appesi alla parete mentre un azzimatissimo venditore segnava ogni suo “Idontlike this, and this, and this, not that one, this one darling”.

    Di certo mi sono dimenticato tanta roba, se mi è sfuggito qualcosa, e mi è sfuggito il 95 % di quello che stava in giro, segnalatecelo.

    Sul flichero di Pippo altre belle foto.

     

     

     


    33 thoughts on “Al salone 2011

      1. peccato che nessuno li vedrà mai, a meno che non ti spari in faccia le suddette ventole e per accendere il pc devi andare a tentoni… per non parlare del fatto che la cosa non funziona sui portatili…

    1. ho giusto qua davanti ai polpacci il ciclone del PC del mio collega della scrivania accanto, quasi quasi…
      e per i portatili ci si può lavorar sopra, magari riducendo la scala

        1. ‘na traggedia, anche perchè quel PC lì è acceso quasi esclusivamente per la posta elettronica e l’archivio documentazione ma non posso cambiargli il posto; dovrei inventarmi una schermatura di qualche genere

    2. tanta roba.
      rem, noto una metamorfosi sorprendente rispetto ai post velenosi di solo un salone fa. lo sapevo che gli occhiali rosa avrebbero fatto il miracolo.
      alla prossima.

      1. è che sto diventando più buono.
        E poi è anche merito vostro, con voi potrei anche partecipare a una convention di promotori finanziari e mi divertirei pure
        :-)

    3. mi sa che ti è sfuggita la fumosa installazione di tokujin yoshioka a base di fumo e borotalco. e la prova morbidezza divani moroso, tipo ostello dei vagabondi stanchi.

    4. l’orologio che fa la calza è forse il più sciocco tra gli oggetti stupidi, e consumisti per giunta, dove quest’anno la chiave di marketing era “design del riciclo che salva il pianeta” (vedi oggetti di no design e rami d’albero a profusione). colpisce la generazione automatica di una… uhm… retina per capelli?
      se devo scegliere un segno dei tempi bui di questi cazzo di anni zero allora sto con un set da 6 di V chair

        1. lo vedete che siete tutti d’accordo? And the winner for the most fabulous project of the world is…. V-chair

          1. a questo punto si rende necessaria nel sito l’isituzione del “AST Kloaka Prize” con apposita commissione per l’assegnazione

    5. Concordo con Alfredo nell’ultimo commento.

      Tuttavia non posso non far uscire l’ingegnere che è in me, chiedendovi: Ma non trovate che il nome della “GINA-CHAIR” sia pompato, viste le fattezze della stessa?!

      Io avrei trovato molto più consono un nome tipo HALF **GINA CHAIR.

      Oppure proprio V-Chair.

      Ma **GINA CHAIR andrebbe bene solo se la sedia fosse “chiusa” nella parte superiore… con una V capovolta… non saprei come spiegarmi senza renderizzarvela, però avete capito dai… come una OVALIA EGG CHAIR ma a forma di **GINA.

      Non trovate?
      Ho fatto uscire troppo la mia parte ingegneresca?

    Lascia un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    Ricevi un avviso se ci sono nuovi commenti. Oppure iscriviti senza commentare.